1-4 maggio, ponte a Finale

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FOTOALBUM: via Catarifrangente

FOTOALBUM: via Gni

Come ogni anno desidero festeggiare il mio compleanno al Melloblocco, e come ogni anno arriva l’impedimento. Ho anche preso le ferie, ho la compagnia là, ma quest’anno sembra che il meteo sia pessimo.
Carlo ha come me le ferie, è una vita che vorremmo trovarci per scalare un paio di giorni insieme e anche qui, è sempre saltato fuori l’impedimento.
Stavolta tutto sembra quadrare, la meta non può che essere Finale, unico posto del nord Italia dove per tutto il ponte è previsto bel tempo. Finale è da diverso tempo un po’ il mio rifugio quando ovunque fa brutto o è troppo freddo: veloci scappate in giornata, qualche week end più lungo, ormai ci sono stata diverse volte, ma è talmente vasta che c’è sempre il posto nuovo da vedere, pareti nuove da scalare.
Finale come Arco: scali fino a metà pomeriggio, poi si fa merenda, poi un giro per Finalborgo a comprare focaccia e fare un giro da Rockstore, ed ora anche nel bel nuovo negozio di Stella Marchisio.

La novità di questa visita sarà che per la prima volta salirò una via a Finale, dove invece sono sempre andata per falesie. Il Pianarella è sempre stato lì, davanti a Ca’ di Alice, una fascia rocciosa alta 250 metri solcata da erosioni rosse: basta guardarla per capire che le linee sono interessanti, guardandola si intuiscono tiri estetici e faticosi tra quelle erosioni.

Per Carlo si tratta di un viaggio Coast to Coast, con tappa a Milano. Mi raggiunge il martedi sera, e la mattina dopo salpiamo. Gli racconto di come mi piace quando in auto d’inverno si passa l’ultima galleria del Passo del Turchino, si lascia il paesaggio freddo e nebbioso, sbucando dal tunnel si vede il mare e sole, il termometro dell’auto sale a vista d’occhio e ci si sente rinascere. Sosta al primo autogrill dove in genere il piumino che a Milano era ben serrato, ora resta in macchina. Ora è primavera, questa differenza è meno evidente, ma comunque percepibile.

DAY ONE: PLACCA DEI MALEDUCATI
Parcheggiamo alla Scaletta a Feglino, dove abbiamo appuntamento con Nicola (ncianca) e il suo socio. Mentre stiamo per parcheggiare veniamo accostati da un’auto che si ferma, un faccione sorridente ci saluta, è Jimmy Palermo, cui finalmente ho l’occasione di stringere la mano. Ci salutiamo, lui va a scalare in un settore nuovissimo. Inizia il ponte degli incontri…. chi non è al Mello è a Finale.
Entrando alla Scaletta incontro alcuni clienti del negozio, poi si va a scalare alla Placca dei Maleducati e incontro la Vale, amica di Giulio, con gruppetto di amici.

Troppo tempo che scalo poco su roccia. E Finale in questo senso non perdona! Non provo tiri particolarmente duri, non mi serve, tanto prendo le bastonate anche sui 6b! Questa roccia taglia le dita, ma i tiri sono bellissimi. Vorrei provare Milu, un 7a molto famoso che già una volta avevo approcciato. Ma visto lo stato di forma pietoso evito. Con Carlo salgo dei bellissimi tiri esplosivi, un tiro di 6b che passa un sistema di tetti, che mi finisce le braccia. Segue giretto a Finalborgo con gli amici torinesi, birra artigianale e saluti.

DAY TWO: PIANARELLA, VIA CATARIFRANGENTE
FOTOALBUM: via Catarifrangente
La mia prima via a Finale, la prima via della stagione, dopo un po’ di falesia e troppa palestra. Prima di partire ho voluto aprire un topic sul forum per parlare un po’ di questa celeberrima parete, non tanto per avere consigli, ma per avere qualcosa da leggere, per sentire un po’ parlare delle sue vie, di aneddoti, visto che il forum è in un periodo un po’ spento. Noi abbiamo scelto di salire questa famosa via, un po’ temuta per gli ultimi tiri che sono oggettivamente molto duri per noi (6c+). Con un po’ di “mestiere” passeremo anche noi, come passano bene o male tutti quelli che non scalano il 6c+ a vista. Primi tiri un po’ “vegetable” ma anche un bellissimo diedro. Io non sono più abituata a scalare con le scarpe appese dietro e lo zainetto. Lo zainetto contiene solo i portafogli, 1 litro di acqua e un pile, lo porta il secondo. I primi tiri non mi divertono, mi sento impacciata, non sono nemmeno più abituata alla corda dall’alto, cosa che mi tocca per forza visto che si va in alternato. La cosa cambia dopo i primi 4 tiri. Siamo sotto la prima erosione, tocca a me il tiro di 6b e mi trovo a scalare in un ambiente meraviglioso, tutto rosso, articolato, strapiombante ma con tratti di placca. Ricomincio a respirare, a sentire quelle sensazioni che non provavo da diversi mesi, la sensazione di essere in parete, di arrivare in sosta, fare il barcaiolo, dire “molla” e sistemarsi alla meglio nello spazio esiguo di un piccolo terrazzino. Recuperare le corde, guardare il tiro dopo e spegnere un po’ la testa guardandosi intorno, seduti nel vuoto. Ridere se il compagno fa fatica dove anche tu hai fatto fatica, prenderlo in giro se tira un rinvio che tu non hai tirato o guardare come fa se passa pulito dove tu hai azzerato, guardarsi intorno insieme quando anche lui arriva in sosta, guardarlo mentre parte per il tiro dopo.
Il traverso celeberrimo è stupendo, rosso, delicato, una volta quasi sprotetto, ora sempre espostissimo ma meno temibile. Bella, bella via. Anche i tiri duri, chiodati per l’artificiale sono faticosissimi ma molto belli: il primo lo scalo da seconda e riesco quasi a liberarlo “a vista”, gli altri no, solo qualche passo. Scendiamo con molta calma dopo aver sostato nel boschetto sommitale a “raccontarcela su”. a Pianarella ci si perde sempre in discesa, e come da manuale anche noi vaghiamo un po’ nel fitto bosco prima di trovare la traccia giusta.
Nel primo pomeriggio siamo da Ca’ di Alice a far merenda. Poi un giretto per negozi (solo a guardare!!), spesa e cena. Carlo mi propone una grappa alla Scaletta dopo cena per lenire il mal di denti che ho da due giorni. Il male non passa, ma la grappa è buona.

DAY THREE: MONTE SORDO
Apriamo la finestra sul torrente e siamo attorniate da nuvole basse. Cielo cupo, temperatura non proprio primaverile finalese. Così non ho voglia di salire una via, preferisco qualche tiro in falesia e Carlo è d’accordo. Andiamo al Monte Sordo, tipico posto invernale, dove non avremo affatto caldo.
Oggi sono in giro orde di turisti stranieri, per diverse ore siamo gli unici alla base della falesia a parlare italiano. Un posto dove per la maggior parte i tiri sono storici, anni 80, e la chiodatura lo mostra chiaramente. Saliamo tiri bellissimi, lunghi lunghi, roccia strepitosa. Poi qualche tiro strapiombante, finalmente vengo a capo di un tiro provato 2 anni fa, che mi aveva lasciato l’amaro in bocca e la curiosità di tornarci quando avrei saputo scalare un po’ meglio.

DAY FOUR: PIANARELLA, VIA GNI
FOTOALBUM: via Gni
Abbiamo appuntamento ancora con Nic, che stavolta sarà accompagnato dal mitico Ciro, suo amico scozzese. Ma Ciro ha avuto un contrattempo andando a prendere l’aereo a Londra, ha cambiato volo, i due non ci possono raggiungere, che peccato. Io e Carlo decidiamo per la Superpanza, altra falesia famosa, oggi dobbiamo rientrare, Carlo ha il treno a Milano e non possiamo sgarrare con l’orario. Vedo un po’ il suo amaro in bocca, troppa falesia e una sola via. Vero, sono diventata un po’ pigra. andiamo a prendere la macchina e mentre cacciamo dentro gli zaini gli dico: se andassimo a Pianarella? il suo sguardo si illumina, non ci deve neanche pensare per dire di sì. Ci interessava la Super Vaccari, ma essendo una combinazione e non avendone la relazione temiamo perdite di tempo che oggi non possiamo permetterci. Sparo la cartuccia di riserva: la Gni? ok, la Gni. Via dura ma chiodatissima, non avremo sorprese, ritardi ecc. Mentre parcheggiamo incontriamo la scuola del Cai di Brescia, con Ivan Maghella con cui mi metto a chiaccherare di un sacco di cose. Loro andranno sulla Vaccari. Bene…. altra (tanta) gente è sulle classiche, noi siamo da soli sulla Gni.
Via dalla bella linea, a volte resa poco scalabile da una chiodatura poco logica, chiodata dall’alto.
Carlo al secondo tiro, mentre sale da secondo: “se è tutta così arrivo in cima segato in due” (detta in veneziano però era più bella). In effetti la via è bella faticosa e noi siamo al quarto giorno di scalata. Due o tre tiri davvero meravigliosi, altri belli, in complesso sono contenta di averla salita.

In cima oziamo un po’, è presto, siamo stati veloci. Scendiamo con calma, merendina a Ca’ di Alice. Uscendo incontriamo i tizi che scalavano alla nostra sinistra, uno viene in palestra con me. E poi incontriamo Saverio, si scambiano quattro chiacchere, gli presento il Rampegon, che lui conosce di fama. Poi per noi è ora di andare, è sempre triste entrare nel piccolo casello di Orco Feglino, voltare le spalle al mare e alle pareti, ripassare il Turchino verso nord.