Catinaccio – Diretta Steger


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E’ domenica, siamo a casa perchè piove e pensiamo al prossimo week end, come festeggiare il nostro anniversario con una bella via. Propongo la zona del Catinaccio, che amo molto ma dove non ho mai arrampicato. Capitiamo sulla relazione della Diretta Steger, cima del Catinaccio, 600 metri di via di media difficoltà. No no, dico, troppo lunga! Andrea mi guarda dice ok, e cerchiamo altro, tipo Punta Emma…. Nei giorni seguenti ci ripenso, mentre guido andando al lavoro (la mia ora di riflessioni, pensieri, progetti) rivedo il suo sguardo un po’ deluso, come un bambino cui dici andiamo a Gardaland ma non ti faccio andare sulle montagne russe. Allora riprendo le relazioni, torno a casa e dico “mah… perchè no?”

Venerdi sera ci troviamo a Desenzano, direzione Pera di Fassa. Si dorme bene nella già collaudata Pensione Peugeot e la mattina prendiamo la navetta per Gardeccia insieme a Ceciuzz e compagni, incontrati al parcheggio e diretti alla stessa meta. Veramente quasi tutta la navetta si dirige là… che scocciatura.
Sotto la parete penso ai 700 metri sopra di noi, con tiri non banali…. inquietante, ma tutto sommato sono anche abbastanza tranquilla.
I primi tiri scorrono troppo lenti, troppe cordate in giro. Al terzo tiro Ceciuzz e compagni si calano e andranno su una via di Giordani che termina al catino. Noi proseguiamo, le cordate si distribuiscono e scaliamo tranquilli per tutto il resto della via. Una linea stupenda, che segue un sistema di fessure e diedri dalla base a pochimetri dalla cima, dritta e logica. Con lo schizzo di Bernard non ci sono problemi a distriarsi tra le numerose varianti, che non seguiamo.
Da racconti di amici temevo di perdermi dopo la possibile uscita al catino di sinistra, invece imbocchiamo subito la via giusta.
Mi sorprende sempre la bellezza di ogni tiro, niente raccordi o marci, i tiri si susseguono belli, scalabili, passaggi atletici e tecnici, stupendo!
In un tiro superiore mi trovo sopra un camino a doverne prendere un altro. Qui sbaglio e invece che quello di sinistra dall’aria tetra (non mi sembrava il IV della relazione!) ne prendo uno a destra, che sale tra verticale e strapiombante, senza chiodi. Ormai ci sono e punto alla cengia in alto, metto un paio di friend, poi trovo un chiodo nuovo non rinviabile per la progressione (evidente segno di calata). Decido di andare in cengia, trovo un chiodo vecchio (quindi qualche “vecio” da qui ci è passato) arrivo in cengia e sulla destra mi accorgo di essere vicina all’uscita Piaz. Scendendo quindi di qualche metro sulla cengia ci ricongiungiamo nuovamente con la retta via, a 6 tiri dalla vetta.
Qualche tiro facile, che Andrea collega. Poi toccano a me i 2 tiri finali: l’unica placca della via (V) e l’ultimo camino, umida uscita di V.
Entro nel camino ampio e trovo del muschio! Salgo spaccando su grossi massi e cercando le prese meno arrotondate, arrivo a un vecchio cuneo, lo rinvio per “memoria storica”, ma lo rinforzo con un bel friend. Guardo su. Sopra di me, a 5 metri, oltre il camino si apre il cielo blu. Sono semplicemente felice e incredula… salgo di corsa gli ultimi metri verticali, verso il cielo.
Non c’è sosta, la attrezzo su spuntone e recupero Andrea, intanto guardo verso la cima, non lontana (un centinaio di metri di facili roccette), mi guardo in giro, la pace della sera intorno a me, il sole rossastro sopra un tappeto di nuvole. Arriva Andrea, rapidi andiamo in cima, a pochi metri dalla croce non so perchè mi spunta una lacrima, non avrei mai pensato di arrivare fin qui fino a pochi mesi fa…. avevo abbandonato l’idea di scalare in dolomiti senza qualcuno più forte di me cui affidarmi.
Penso a mia mamma che prima di partire mi ha detto “salutami il Catinaccio”, lei che avrebbe voluto scalare ma non ne ha avuto mai la possibilità.
Ci abbracciamo, foto di vetta, è il nostro anniversario e siamo qui in cima…
Dobbiamo scendere subito, Andrea conosce la normale di discesa, lungo la cresta nord troviamo la prima calata e in 3 doppie siamo giù. Si è fatto buio, con le frontali e il ricordo di Andrea senza problemi arriviamo al Re Alberto, dove abbiamo prenotato per dormire. A un centinaio di metri dal rifugio, lo vediamo nel buio, le luci arancioni delle finestre, la luna piena illumina le torri del Vajolet che sembrano formare una cattedrale di pietra. Ci fermiamo perchè questa immagine non la possiamo fotografare ma solo tenere dentro di noi.
Poi di corsa giù, abbiamo fame!!
Al rifugio incontriamo nuovamente David (quello del sito di Aria di Montagna, già incontrato al Gianetti!) 4 chiacchere, e a nanna felici e stanchi.
La mattina seguente, finalmente scaleremo alle torri del Vajolet!

(pochissime foto questo week end… ne ho fatte moltissime non vedendo nulla e convinta che si fosse rotto il monitor… invece ahimè, si è rotto l’obiettivo. E Andrea non ama fotografare in via. Peccato….)