Guglia Solidarnosh – Tinto Brass

CIMG2329Imbocchiamo la tangenziale a Brescia, direzione, Arco (che novità, dirà il lettore).
Il cielo stellato sopra di me. (cit. Immanuel Kant). E’ buio pesto… sono le 5:45.
Passiamo davanti al parcheggio del Pra, dove come sempre Vyger controlla la situazione della presenza di surfisti, ma oggi abbiamo anticipato anche loro, il parcheggio è vuoto, c’è solo qualche furgone lungo la strada, i surfisti sono ancora dentro che dormono. Chiedo con nonchalance: “Vyger… ma secondo te il sole sorgerà o oggi no?” Mi risponde pacifico “no, tranquilla, vedrai che sorge anche oggi”. Sarà… sembra di vivere in una notte eterna, non sono più abituata a queste partenze e ormai siamo a metà ottobre, le giornate sono corte.
Inizia così la nostra lunga e tortuosa giornata domenica mattina, oggi abbiamo intenzione di salire una recente e lunga via a Cima alle Coste e ci presentiamo sotto la parete poco dopo le prime luci.

Errore. La nostra via parte poco a destra di Sodoma e Gomorra, dove Vyger ha un importante e spiacevole ricordo che risale a 5 anni fa. Brutti scherzi della memoria a seguito dei traumi: o ti si stampano i particolari in testa, o dimentichi tutto. Evidentemente si è verificata la seconda ipotesi e convinti di passare sotto l’attacco di Sodoma, siamo sotto l’attacco della Rinascita. Caso vuole che pure lì parta una via a spit con il primo tiro facile, il secondo, che tocca a me, molto tecnico e bello, pure ben protetto. E via.
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Mi trovo alla seconda sosta, recupero Vyger e nel frattempo mi guardo intorno nella parete aperta cercando gli spit. Niente. Vyger arriva e riparte, girovaga qua e là, fino a che non trova un cordino e capisce che ci troviamo su un tentativo di nuova via non finita, perchè va ad innestarsi in quella a sinistra.
Con una doppia dalla nostra sosta con catena arriviamo a terra.
Per farla breve, capiamo l’errore e decidiamo di salire Tinto Brass, un centinaio di metri più a destra, la via partirebbe 180 metri più sotto. Traversiamo e arriviamo al pilastro, sono le 11. Propongo di calarci e salirla da sotto, almeno scaliamo un po’ di metri. In queste cose so che il mio compagno non si lascia pregare 🙂

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Detto fatto, Vyger si appresta a salire il primo tiro di Tinto Brass, una bella e faticosa fessura, a me tocca il secondo tiro, 6b, molto falesistico. Il passo più duro lo trovo nel quarto tiro, quello che porta alla cengia da cui ci siamo calati. 5a. Penso di essere io impedita, ma Vyger conferma la non banalità di quel tratto. Aderenza, protezione non facile da raggiungere.
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La via cambia marcia sui tiri dopo la cengia: da bella vietta sportiva su ottima roccia, quasi rilassante, la storia cambia: le difficoltà rimangono quelle, ma la pietra diventa quella tipica di Cima alle Coste, da controllare. E le protezioni si diradano un po’. Belli i tiri finali, soprattutto il penultimo, divertente diedro bianco, piuttosto sostenuto.
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Niente merenda in cima, non conosciamo la discesa ed è meglio darsi da fare per non rischiare di trovarci sulle doppie al buio. In realtà è tutto abbastanza rapido, si segue la cengia (a tratti molto esposta) per un centinaio di metri, e con 3 calate comode di cui due oltre i 50 metri, si è depositati sul ghiaione. Arriviamo alla macchina al lago comodamente con il chiaro.

Insomma…. come ripiego non è stata male, si è fatta giornata piena. Resta l’amaro in bocca per non aver controllato prima di partire dove fosse l’attacco della nostra via, per la quale ormai si dovrà aspettare la prossima primavera. Lezione imparata.