Il viaggio – ticket to nowhere

Ticket to nowhere

ascolta come colonna sonora – Passenger – Let her go

Ci sono momenti di lucidità in questo flusso del vivere.
Come se il tempo, il tempo della vita, fosse un viaggio su un pullman, e ci fossero delle fermate, delle pensiline davanti a cui il conducente ferma il mezzo e obbliga i passeggeri a scendere, a prendere un po’ di aria e guardarsi intorno, e poi risalire per riprendere il viaggio.
Dove sia diretto l’autobus, nessuno lo sa e nessuno sembra chiederselo.
Ascolti musica, parli con le persone che sono di fianco a te, che a volte scendono e non risalgono più, prendono altre strade, altri mezzi, mentre tu continui il viaggio.
Tu sei salito, te lo ricordi bene quando hai preso il pullman, ci sei salito e ti sembrava comodo, un mezzo molto migliore di quello sgangherato e singhiozzante di prima, che non andava mai avanti, su quella strada a tornanti che faceva venire la nausea. Si, questo pullman di linea non sarà un granchè, ci si sta un po’ stretti e bisogna adattarsi, ma la strada davanti è larga e corre dritta, senza curve all’orizzonte. Il viaggio è talmente tranquillo che sembra di essere sempre lì.

A volte ti chiedi cosa stai facendo.
Vivi, lavori, coltivi le tue passioni, conosci un sacco di gente. La vita va avanti, le settimane di lavoro sono ritmate dagli allenamenti serali e intervallate dalle domeniche di arrampicata in compagnia. Ti sei riempito la vita di impegni, non sei mai a casa perhcè hai sempre qualcosa da fare, senza tempi morti. Non ricordi l’ultima volta che hai pensato che ti stavi annoiando, che non avevi nulla da fare, perchè qualcosa da fare c’è sempre. Così, come su questo autobus su cui hai scelto di salire, ascolti la musica, leggi qualche cosa, ma non hai mai tempo di guardare fuori dal finestrino e perderti nel verde dei prati che costeggiano la strada, non hai mai tempo per vuotarti la mente perchè arriva il vicino di viaggio, ti metti a parlare del più e del meno con chi sta davanti o dietro a te.
Poi improvvisamente il conducente ferma il mezzo e ti fa scendere.

Ti guardi intorno, vedi gente che scende e gente che sale, ma tu non puoi far altro che aspettare suo cenno per risalire, tu non puoi scegliere, sei su questo mezzo che non si sa bene dove vada, puoi solo fermarti ogni tanto, entrare al bar a prendere un caffè, e pensare. Perchè quando sei su, chissà perchè non riesci mai a concentrarti su te stesso, c’è sempre qualcosa o qualcuno che interrompe le tue riflessioni. Invece qui, in quest’area di servizio anonima e assolata, ti cerchi una panchina un po’ in disparte, sotto un albero, e guardi la pianura davanti.
Pensi che quando hai deciso di salire sul mezzo eri stanco di soffrire, stanco di scossoni e continue fermate e ripartenze, cambi di marcia. Volevi startene un po’ per i fatti tuoi, certo quello che vedevi prima viaggiando era molto più bello, ma il prezzo da pagare era troppo alto. Quel viaggio pieno di emozioni era diventato insopportabile, così hai salutato tutti e sei sceso. Sei stato lì ad aspettare ed è arrivato questo mezzo moderno, che andava verso la pianura. Non sapevi quanto immensa fosse questa pianura, sembra non finire mai.

Poi ti rendi conto un giorno che stai aspettando.
Ma cosa stai aspettando? Lavori, ti alleni, frequenti gente e ne conosci di nuova. A volte sembra che ti succedano un sacco di cose, ma in realtà non sono poi così tante, del resto cosa dovrebbe succedere. Il tempo passa, e con gli anni sembra passare sempre più velocemente. Il tempo scandito dalle settimane è inarrestabile, sembra ieri che sotto i fuochi d’artificio e con lo spumante in mano abbracciavi gli amici per augurare e farti augurare buon anno, e ora tornando dal lavoro in moto a quella rotonda vicino a casa senti già il profumo del biancospino.
E non è cambiato niente. Eppure attendi. Cosa?
Quando viaggi su quel pulmann aspetti la fermata. Quando sei fermo aspetti di ripartire. Ti sembra di essere in una delle piazze dei quadri di De Chirico: vedi le cose che succedono fuori ma sei in quella piazza, su quell’autobus, e e il conducente ti fa risalire e prendere il tuo posto, potresti mollargli un pugno e scappare via, ma se poi rimani a piedi come fai?
E soprattutto dove vai? Certo ora non sai dove stai andando, non sai cosa stai aspettando e se mai qualcosa arriverà. Ora sai solo che stai andando, che i compagni di viaggio non sono male, che ogni tanto passi dei momenti divertenti.

Ora sai che stai andando. Prima stavi male per i sobbalzi, ora non ci sono più. Però quei sobbalzi a volte facevano stare bene, ma tutto sommato hai valutato che fosse meglio farne a meno e per un po’ evitarli. Ora tocca stare in questa pianura che hai scelto, l’hai scelta tu dopo una vita di sobbalzi.

E allora non dai nessun pugno al conducente, risali, ti rimetti le cuffie e accendi la musica. In breve ti dimentichi che stai aspettando e il viaggio riprende.

3 Risposte a “Il viaggio – ticket to nowhere”

  1. Puoi prendere per mano qualcuno che passa vicino alla tua panchina, accarezzarlo con un sorriso e raccontargli la tua storia; donargli riflessi di vita e scintille di pensieri aspettando l’arrivo del prossimo autobus….senza chiedersi per dove partirà e chi porterà con sé.

  2. Bel pezzo, ritrovo il me stesso di qualche anno fa. Quando lavoravo (peraltro dove lavoro anche ora), vivevo con i miei e avevo un certo numero di incarichi all’interno della famiglia, e, sopratutto, mi dedicavo intensamente all’arrampicata. Allenamento a secco, in falesia, tabelle, vie lunghe classiche in montagna, in Carniche, in Dolomiti e mai mollare, altrimenti il grado cala. Pochi vizi, poche uscite serali, che bisogna dormire altrimenti domani chi riesce a chiudere il tiro? E spostare gli appuntamenti del fine settimana, altrimenti la domenica di bel tempo persa chi la recupera?
    A furia di andare, lo avevo soffocato, quel tarlo. Quel tarlo che, alla fine della ennesima via, oppure sotto le secchiate di pioggia di un week end sfortunato, sussurrava. E suggeriva che avevo voglia di cercare di riempire quel buco. Per quanti tiri di corda o trazioni al trave o centinaia di metri di vie facessi, quel buco non lo avrei mai riempito. Un inghiottitoio, una foiba che cercavo di tappare, ma con il “materiale” sbagliato.
    è difficile trovare la via giusta per sistemarlo, quel buco, ma non appena lo trovi, sia esso una persona, un luogo, o altro, capisci al volo che lo stavi cercando in tutte le tacche che hai stretto, in tutte le gocce dove hai spalmato, alla catena delle falesie o alle soste delle vie, negli eterni ghiaioni che riportano a valle. Si, a valle, il posto dove, dopo, si sta bene come si fosse in cima.

  3. Ora capisco perché mi hai chiesto di Sandro…..scrivi come lui!!!! 😉
    W ALPSTATION Brescia ed il suo Team!!! Ciao Andrea ( guerza.wordpress.com).

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