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Bello avere amici che possono liberarsi qualche venerdi per andare a scalare! Così per una volta si riesce a scansare la sfiga meteorologica che da un mese e mezzo si abbatte sul nord italia, visto che l’ultima tendenza è quella del sole in settimana e brutto nei week end.
Insomma Carlo (Rampegon) si prende questo benedetto giorno di ferie per scalare una via insieme a me, evento che non si verifica dal 5 giugno. Ecco spiegati i disastri meteorologici dei giorni successivi. In ogni caso ci incontriamo ad Affi, entrambi da est e da ovest abbiamo fatto il viaggio con la compagnia delle nebbie, ma quando sgomma e si ferma con la sua auto rossa (non è una ferrari….. ) dietro la mia i cieli si aprono e si vedono speranzose occhiate di sole.
Si va verso Caprino Veronese (sosta con la brioche più buona del mondo anche perchè era calda!!!) e poi a Spiazzi. Parcheggiamo l’auto lungo la strada nel posto più improbabile quanto a presenza di pareti rocciose. Ma la relazione dice di parcheggiare lì e scendere (sì…. scendere!) per bosco e poi per prato. Così facciamo, non dico niente ma la presenza di una parete sembra sempre più improbabile. Finchè, dopo un quarto d’ora di cammino, la vista si apre su questa bella parete rossa illuminata dal sole del mattino. Percorriamo la cengia alla base della parete, e in una decina di minuti siamo all’attacco.
Parto io perchè voglio lasciare a Carlo il tiro di 6b (e mentre lui perde tempo io studio i tiri e afferro il capo sopra della corda per legarmi).
Il primo spit è l’unico scomodo in tutta la via, e prevede il superamento di uno strapiombo. Fatta la selezione all’ingresso, la chiodatura è in stile falesistico. Bellissimo diedro. PUrtroppo la relazione aveva ragione: alcune prese sono scavate o migliorate, non dico nulla perchè in ogni caso si tratta di una bella scalata e una bella giornata, ma è vero che l’amaro in bocca resta e ci si chiede perchè.
Ma siamo qui e godiamoci questa salita.
A Carlo tocca un traverso decisamente ostico, continuo e fisico. Poi vado io, poi lui, poi io.
Arrivo su una scomoda sosta dopo un tiro entusiasmante che termina con breve e aereo traverso. In realtà la sosta giusta è 5 metri più a destra, questa serve solo per eventuali calate. Carlo si offre di fare il “tiro” tra le 2 soste. Rigirando la frittata… mi tocca il tiro di 6b. Confesso di esserne contenta: fino ad ora è andato tutto molto bene, ci stiamo divertendo, mi sento in ottima forma e ho voglia di provare. Tanto è chiodata meglio della falesia “di casa” dove ho scalato solo ieri….
Vado, salgo, tutto bene, anche se non riesco a salire a vista, ma circa a metà urlo vigliaccamente “blocca”. Ci penso un attimo, trovo la presa beffardamente nascosta, la tengo e vado. Ho detto vado…. molla sta corda!! 🙂 Carlo mi raggiunge, insieme a un ventiello freddo che ci sta facendo capire di svegliarci ad uscire dalla via.
In effetti manca ancora solo l’ultimo tiro facile, che poi finisce nel boschetto di questa sorta di altopiano.
La “cima” è un bel locus amenus: solettino caldo, colori autunnali, silenzio (quello che troppo spesso manca nei week end in parete di queste stagioni). Dopo una sosta contemplativa di questo furto all’economia italiana che è il suo giorno di ferie, attraversiamo i boschetto, passiamo sotto la falesia della Sgrenza che andiamo a vedere per curiosità (troppo dura!) e in breve siamo alla strada asfaltata che ci conduce all’auto.
E’ un’abitudine che non mi piace, ma qui non si può far diversamente: passiamo sotto le case imbragati e pieni di oggetti tintinnanti attaccati all’imbrago… mi piace esser più discreta solitamente.
Cerchiamo un posto dove far merenda che sia in un bel posto, ma ormai le nuvole ci dicono che la bella giornata di sole è finita. Del resto nel raggio di 13 km non abbiamo trovato un solo bar aperto, per cui ci fermiamo come tutti i civili al bar in piazza a Caprino. I piccoli svantaggi delle infrasettimanali. Il grande vantaggio: una giornata di sole e silenzio in cui arrampicare fuori da ogni stress.