Parete Rossa (M. San Martino, Lecco) VIA SAVINI

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Questo week end Andrea è stato invitato a fare la sua prima goulotte sul Bianco…. come faccio a dirgli di no? Sono contenta che anche lui si realizzi in quello che gli piace! Giovedi inizio a cercare quindi qualcuno per arrampicare, io non me la sento di andare così diretta a 4000 m ad arrampicare su ghiaccio….
Mi risponde CMauri, con lui in estate avevamo già percorso la Cassin al Medale. Abbiamo entrambi in mente qualche possibilità, e infine gli propongo la via Savini alla parete rossa sul San Martino. Ne ho sentito parlare una volta qualche mese fa, mi ero incuriosita ed ero andata a cercarmi le relazioni. Parete maestosa , la via, aperta nel 1996 a chiodi e poi spittata, segue un sistema di diedri passando sotto spettacolari tetti con un paio di bellissimi traversi.

La via è la più facile della parete…. 6c+! Passi di 6c ci sono in diversi tiri, uno bello continuo sul 6b+… eh, ma la chiodatura. La via pare sia chiodata per un obbligato molto basso, 5c. La mia proposta viene accolta con entusiasmo, quando ci incontriamo al Bione abbiamo entrambi già deciso: Savini sia.

Partiamo in questa calda mattina di primavera, al parcheggio un pullman di qualche gita che evidentemente andrà sul Sentiero dei Pizzetti. Sono le ultime persone che incontreremo fino al termine della via alla Chiesetta del S. Martino. Per arrivare all’attacco si punta ad una enorme frana che nel 2009 si è portata via una bella porzione di parete e ora da lì pendono per circa 150 m due corde (?????).
Un cordone malandato (molto più malandato di quello che porta al Precipizio degli Asteroidi) ci aiuta a salire sulla cengia, 50 m a destra e troviamo gli spit della via.
Cesare si offre volontario per il primo tiro (5c con passo di 6c su un tetto). Io gli dico ok e poi chiedo/affermo: andiamo in alternato, se ti va. Ok.
Al terzo spit sento un rosario di imprecazioni. Ha messo un braccio, una gamba e forse anche la faccia in un cespuglio di ruta….. non ancora fiorita, quindi spero non troppo cattiva. Studio da sotto il modo per aggirare la malefica erba. Ma quando ci arrivo, ormai è troppo tardi, anche il mio braccio destro ci è già finito dentro. Passo duro del tetto ci dà già il sapore della via, non difficile nell’individuazione delle sequenze, ma faticosa e atletica.
Secondo tiro, rampa facile poi bellissimo diedro verticale, termine su cengia erbosa di quelle che ti metteresti lì a prendere il sole. Si…. ma questa chiodatura è da Gardaland!!!! cioè ok abbassare l’obbligato ma sembra un po’ eccessiva.
Terzo tiro, non difficile.
Poi arriva il diedro svaso, 6b+. Parto felice di fare un bel tiro duro su diedro, mi piacciono i diedri. Ma questo è svaso, un po’ obliquo e un po’ strapiombante. Faticaaaa!!!! Con 2-3 resting però arrivo su, con la lingua un po’ per terra.
Il diedro prosegue un po’ meno svaso ma sempre strapiombante per Cesare, mentre un bellissimo traverso con passo strano è il tratto duro per arrivare in sosta. Traversare sotto i tetti è sempre spettacolare.
Fotografiamo giù: per la prima volta arrampico su una parete che dall’alto praticamente non vedo, nel senso che è tutta verticale, con qualche strapiombo: da sopra si vede direttamente la base. Fa un certo effetto.
Ora la relazione dice: placca di 6a. Vai Eva, rilassati, un bel tiro poco fisico che interrompe la via. Sticazzi (scusate). Inizio a tirare una lama verticale…. per prenderne un’altra ho a che dire con un ciuffo d’erba che mi rompe non poco e mi arrabbio (resting per colpa del cespuglietto che continua ad andarmi in faccia, sotto le mani e sotto i piedi). E comunque alla faccia della placca: lame bellissime e verticalità, un tiro non difficile ma senz’altro fisico. Divertente comunque.
Altro tiro impegnativo per Cesare, e con toni molto epici la relazione recita: da qui considerate che non si può tornare indietro.
Ci guardiamo con aria importante (mi viene in mente Toni Kurtz quando sull’Eiger ritira la corda del pendolo): ok… andiamo. Vado ad affrontare il traverso spettacolare sotto il tetto. Attimo di sconforto perchè ho le mani buone ma non mi vedo i piedi, dopo un po’ di ravano arrivo dall’altra parte della spaccatura e sosto.
Qui 2 relazioni diverse: una dice di proseguire ancora dopo il traverso senza sostare, salire ancora 15 m di 6c e poi sostare, segue altro tiro di 6c. l’altra dice di sostare, e ignora quei 15 m della prima relazione. Vabbè: Mi viene proposto di tentare questi 15 m di 6c, accetto, i primi metri vanno bene, passo in maniera molto elegante, poi mi perdo in un passaggio antipatico per l’equilibrio. Provo 3-4 volte, mi stufo e dico senti, era anche il tuo tiro, vai vai. Scendo e sale lui. In effetti era giusto lo schizzo che diceva di sostaer alla base del diedro, questo era l’ultimo tiro duro. Una bellissima placca a gocce è l’ultimo tratto impegnativo della via. Gocce ruvide stile finalese….
Proseguo io per gli ultimi 2 tiri che concateno, questi chiodati effettivamente lunghi V- e poi III. Anzi sul III devono aver finito gli spit, mi sembra anche giusto.

Stretta di mano con la forza (poca) che resta, poi proseguiamo verso la chiesetta. Ho finito l’acqua e ho sete…. sento un cane che beve da un rubinetto… voglio quell’acqua!!! La padrona mi vede un po’ provata e mi offre un succo di frutta, non riesco a rifiutare. La ringrazio ancora adesso.

Scendiamo poi verso Rancio, poi in qualche maniera arriviamo alla macchina (in effetti senza conoscere il sentiero, non è molto evidente), dove abbiamo scorte di acqua abbondanti.

Grazie Cesare, era davvero una via che valeva la pena percorrere. Linea stupenda, bei passaggi. Ora vorrei però sapere qualcosa di più circa il lavoro di chiodatura… chi come e perchè.