Pasquale Ligure

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Ho deciso di passare la Pasqua a casa, in famiglia, dopo gli ultimi due anni in cui come una disperata avevo tentato di tirare malamente insieme una giornata di roccia. Quest’anno non mi interessa, se non mi chiama nessuno sto a casa.
Inevitabilmente, in settimana, qualche whatsappata, con Lorenzo e Partizia, ci scappa. Vengo invitata da Lorenzo ad unirmi a loro ad Albenga. Subito dico di no, ma figuriamoci, le code del rientro, il casino colossale in falesia, già in falesia vado poco ultimamente, se poi devo stare alla base con le orde di climber colorati che ciàcicano tra una via e l’altra parlando di “facciocosevedogente” mi viene l’orticaria.

B&B prenotato. 6.40 a casa mia. C’a va sans dire.
Una cosa su tutte si deve fare, una volta arrivati a Finale: comprare la focaccia. Mi rendo conto ora che è da un anno esatto che non ci torno, eppure tutto è così famigliare… eh si, mi rendo conto che ormai sono un po’ di anni che sono in giro a scalare, e che qui, volente o nolente, ci sono stata davvero tante volte, un po’ in tutte le salse, con persone diverse, in stagioni diverse, in “mood” molto diversi. Dal capodanno disperato a quello felice, alla fuga dalle nebbie milanesi, al ponte del primo maggio con il mio migliore amico, al “non so cosa fare e ho 2 giorni liberi, chi c’è c’è”.
Beh insomma, andiamo a comprare sta focaccia, che non fai in tempo a comprarla nella viuzza piccolina (mai nella via centrale) e tempo di arrivare al bar Centrale e ne hai già finito una fetta.
Fa freddo.. andiamo alla Parete dimenticata.
Giro di sms con Nicola ncianca, mio grande amico, confidente di arrampicata e non solo. Nel pomeriggio ci troviamo per un saluto in falesia.
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non posso che scalare i miei fantasmi: sono due 6b+ (vabbè , grado finalese) che non ho mai chiuso. Per non smentirmi, li sbaglio entrambi per un soffio, così ho ancora qualcosa da fare la prossima volta che torno qui e fa troppo freddo per andare in posti meno riparati dal vento. Ottimo motivo per lasciare due bellissimi tiri da provare ancora una volta. I buchi di Finale, quella roccia bianca e unica, quei boschi verdi che sono ancora più verdi se li guardi confrontandoli con la roccia così bianca.

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DSIcevamo: oggi scaliamo sulle placche tecniche, domani ad Albenga sugli strapiombi. Invece no… le placche tecniche sono occupate, restano i buchi strapiombanti bianchi e rossi.
Poi si mangia la focaccia, arriva il tardo pomeriggio, ora di scendere, andiamo a Castelbianco, aperitivo di rito. Io non ci sono mai stata, entro nel terreno sconosciuto e mi faccio solo portare.
Al bar incontro un conoscente di Parma che veniva a scalare in palestra a Milano. 4 chiacchiere. Arrivano i Bergamaschi. Altre 4 chiacchiere. La vita del climber. Furgoni in giro ovunque. Facce bruciate, mani arrossate ed espressioni rilassate.

Tranquilla serata in pizzeria, cotti dal sole e dal vento di oggi.
La val Pennavaire è tranquilla e selvaggia, molto meno urbanizzata del finalese. Ultima frontiera, sembra un avamposto, paesini antichi, se vuoi un caffè ti arrangi, ma proprio per questo è così affascinante. Oggi è Pasquetta, scegliamo la falesia Enoteca, piccolo e tranquillo muro verticale in posto isolato, siamo baciati dal sole del mattino, noi 4 e tre simpatiche e tranquille ragazze. Tutti a prendere bastoni, ma in tranquillità quasi pastorale. Non è la falesia più bella dove abbia mai scalato, ma l’atmosfera è così tranquilla….

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poi viene ombra e freddo e andiamo al Terminal. La falesia forse più conosciuta e frequentata. Rimini. Mancano i bambini che giocano con le formine della sabbia (va be giocano con cani e moschettoni), per il resto è uguale. Io e la Pat cerchiamo qualche tiro facile e tranquillo, che oggi non è giornata. Ancora incontro di conoscenti milanesi. Casino sul tiro, un fotografo alla sosta di fianco a dove devo andare io, con mezzo metro di obiettivo spianato, lo guardo minaccioso, mi guarda con aria di scusa e sposta il suo pacifico fucile su altro oggetto che non sia io. Corde che si incrociano, gente che scambia i sacchi portacorda, bambini che attraversano le corde, cibi dimenticati per ore in giro, dita pestate da malcuranti climber in calata su chi sta provando un tiro. Vabbè, tiriamo sera, niente di più. Bello il Terminal, anche se non è Finale, è roccia non così particolare, bella ma non così unica come quei buchetta silenziosi ed enigmatici. Ma è bello, bello l’ambiente. Da tornarci, in altro contesto meno chiassoso in stile “climber allo sbaraglio”.
La gente va via, Lorenzo tira fuori come un trofeo il suo salame, il tagliere di legno e l’opinel, si fa merenda, la luce cala, le voci sono meno insistenti, tutto è più pacifico e in una dimensione più vivibile. Gibe cade ancora sul suo 8a che sembrava ormai progetto chiuso, noi continuiamo a mangiare, poi cena nella pizzeria casereccia e accogliente di ieri, poi rientro… ronf.

Un grazie speciale ai miei amici. A volte si fa così fatica a dire quanto si sia apprezzato lo stare insieme, e invece si dovrebbe.