… so run, baby run!

 

Run baby run, Sheryl Crow

Un passo dopo l’altro, una falcata dopo l’altra, dimenticando quelle prima, senza pensare a quelle che ancora mancano per tornare a casa, un po’ come perdere una parte di se, lasciarla proprio a casa, e sentire solo il ritmo del fiato e dei piedi, con le braccia che seguono. Corsa che diventa ritmo in cui ti perdi in una sorta di meditazione.

Correre.

L’allenamento più semplice e naturale del mondo, quello per cui infili le scarpe, esci di casa, scegli un giro e lo fai. Senza compagni di cordata, senza ingressi da pagare e orari da rispettare, code in tangenziale…

Correre.

La fatica dell’uscire di casa, la noia del riscaldamento, che poi diventa ritmo, poi la voglia di spingere, la fatica e la tenacia nell’aumentare il ritmo e mantenerlo, il relax di una doccia e il tiepido abbraccio di un caffè.

Da ragazza ogni tanto uscivo di casa per una pausa dallo studio, mi addentravo (ci voleva poco all’epoca) nella campagna di Rivoltella del Garda, arrivavo a Montonale, poi tornavo. Con la mia migliore amica del liceo, Elena, lei si che era un’atleta vera, per qualche tempo abbiamo partecipato alle gare non competitive della zona. Mi piaceva tantissimo. Facevamo tra i 5 e 6 km, correvamo insieme, poi lei si dedicava alla vela e correva qualche triathlon, mentre io studiavo filosofia e di nascosto invidiavo il suo vivere nello sport. Ho dovuto mollare la corsa perché non riuscivo a togliere di mezzo dei dolori intensi al menisco, all’inguine e a volte fin giù, alla caviglia. Ho pensato solo “non posso correre”.

Poi chissà perché. Da quando abito a Rezzato ho cambiato tante abitudini. Ho iniziato a vivere la mia nuova casa nel vero senso della Heimat. Ho voglia di abitare, anche nel mio sport. L’anno scorso durante l’estate tante volte sono partita da casa di buon’ora e sono salita a Serle in bici, poi ha iniziato a fare fresco per le discese a 50 km/h e sono andata alla scoperta della Val Verde e della Valle di Virle con camminate che rasentavano la corsa tranquilla. Poi è arrivato il Generale Inverno e la mattina i sentieri erano ghiacciati. Ho riprovato a correre in piano, dapprima cercando lo sterrato, poi timidamente riaffacciandomi all’asfalto, il duro e cattivo asfalto che 18 anni fa mi aveva respinta.

Toh…. guarda??? niente più dolori. Dicembre 2016. Inizio a correre un paio di volte a settimana così, tanto per completare l’allenamento dell’arrampicata, perché scalare senza fare esercizio aerobico fa male.

Riscoperta.
Ritrovare la corsa su strada è stato un po’ come ritrovare una parte di me stessa ragazza, quella che ho lasciato con Elena e le non competitive della domenica mattina. Quella ragazza che voleva essere sportiva ma ancora non ne aveva gli strumenti, che nella vita ha dovuto passare per tante prove di tutti i tipi per potersi conoscere meglio. Quella ragazza che ora sta per suonare i 40 anni, che dopo tutte queste prove forse ha capito un po’ come destreggiarsi nel dedalo della vita.

Correre è ora per me lasciare il torpore della casa tiepida, salutare Sandro e prepararmi… a gennaio, con temperature di -3 era davvero dura!!! (ora almeno questo sta migliorando, 6-7 gradi alle 8 del mattino mi sembrano un gran lusso!) . Esco, accendo il gps del telefono, e via per 10-12 km. Niente tabelle, mi sto ancora conoscendo come runner e non voglio farne una fissa scientifica. Sono spartana io.

La prima volta che esco con un po’ di impegno vedo che corro 10 km in 52 minuti. Un mese dopo sono 50. La settimana scorsa, 48.

Questa mattina ho fatto una cosa diversa.
Non sono andata a scalare come ogni santissima domenica dal 2008 ad oggi. Mi sono iscritta ad una gara non competitiva nel quartiere di San Polo. 10k. Ho bisogno mentale di uscire dall’arrampicata, di spezzare il solito ritmo.
Mi sono riscaldata, sono partita gagliarda…. poi ho trovato un buon ritmo di crociera, poi ho cercato di accelerare, e al cartello del km 9 ho detto ora o mai più, e via, di corsa verso il traguardo. A 200 metri all’arrivo ho rivisto la schiena fucsia di una tizia che mi aveva superata al km 2, l’ho avvicinata ma non l’ho raggiunta. Al traguardo mi hanno fermata due signori, uno  mi ha scattato una foto, l’altro mi ha chiesto il nome….io intontita dalla fatica non capivo… ah. Con i miei 45′ 16” Sono arrivata SECONDA DELLE DONNE!!!

Sono stata così felice solo dopo aver chiuso il mio primo 7a.

Una cosiddetta tapasciata, una non competitiva di quartiere a scopo benefico (399 partecipanti, comunque!), ma era la mia prima corsa e si, sono stata davvero felice.ene
Beh. A questo punto ci vediamo alla BAM, correrò la Brescia Ten. La prima garetta mi è piaciuta molto, vedremo come sarà correre con altre migliaia di persone intorno 🙂

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