50 km di Romagna. Oltre… ultra

Quando dici “mai” sai benissimo, dentro di te, che stai solo mettendo a tacere una vocina, e che prima o poi questa si farà sentire fino a quando saprai che è il momento giusto.

Ho al mio attivo solo 3 maratone ma evidentemente il mio momento giusto è questo, perchè in questo momento sento che ho una resistenza fisica e mentale (soprattutto) molto alta, riesco a digerire doppi allenamenti impegnativi incastrandoli con un lavoro a tempo pieno che mi tiene in piedi per molte ore. 

Da anni questa gara mi affascinava, forse per i bei paesaggi appenninici che ho visto in foto, forse perchè nelle foto le persone che vedevo erano sempre tutte sorridenti. 

Insomma, questo è l’anno in cui in qualche modo voglio alzare l’asticella, l’avevo già deciso mesi fa. 

Mi trovo emozionata. Non ho ansia pre gara, non ho dolori, non divento insopportabile a me stessa. Voglio andare, provare a dare il meglio anche se la cosa più difficile sarà gestire non solo i km in più, ma il dislivello, il ritmo in salita e la spinta in discesa. Fossero solo i km in più sarei serena, perchè al termine della maratona sapevo di averne ancora, considerando un passo medio ovviamente un po’ più lento di quel che ho tenuto.

Mi trovo sotto la porta della partenza e lo fotografo. Il nome della gara mi fa specie.

Sono in griglia, davanti. L’unica donna qui intorno ad avere un pettorale a 3 cifre, circondata da ultramaratonete blasonate con numeri dal 2 al 21. Qualcuna la conosco di nome e fama, molte no, perchè sono totalmente fuori dal mondo ultra. Lo speaker le presenta rapidamente, poi in men che non si dica, si parte. 

Non faccio in tempo a capire cosa succede, che vengo affiancata dalla grande, immensa, Federica Moroni, già vincitrice di questa gara, già in nazionale 100 km. 

E con lei si corre insieme tutta la prima parte di gara, in una sfida che ci porta a tenere un ritmo davvero alto, sul filo dei 4’ al km in piano, molto meno nelle discese, dove lei puntualmente mi supera, e poco meno in salita, dove io tengo testa. 

Due ragazze sono davanti e stanno facendo esattamente come me e Federica, ma le abbiamo sempre più vicine: la giapponese Fujiawa e la croata Pastorova. Ci passano avanti e indietro vari allenatori in bicicletta, e abbiamo molto spesso vicino a noi Monica Casiraghi, che ci affianca ogni tanto in bici, fa il tifo a Federica, come tutti nei paesi, del resto. 

Vedendo che non mollo un centimetro, Monica mi chiede come mi chiamo, facciamo due parole. 

Siamo nel tratto che precede l’ascesa al Monte Albano, dal km 17 al 23 le salite sono più lunghe e impegnative e poi arriva la maledetta discesa ripidissima, da prendere con molta attenzione perchè si rischia una contrattura immediata: procedo quasi a papera, poi un po’ di relax, di corsa bella rotonda, e poi via su per 5 km e 285 metri di dislivello.

E’ il mio momento.

Non guardo mai l’orologio (cosa che ho fatto poco in gara, solo un’occhiata al bip del km), non guardo i battiti, guardo solo la bella strada che sale. Perchè si, questa gara è meravigliosa dal punto di vista paesaggistico, è proprio come la pensavo io. 

Tutta questo andare a braccetto però mi ha tolto un po’ di divertimento, perchè ho corso sempre concentrata: non so se sto facendo la cosa giusta ma me la sto giocando, ignara di tutto quello che succede dal km 42 in poi, ma ci penserò quando sarà il momento. 

In salita ho la meglio, vedo la Pastorova davanti. La supero in discesa, ma mentre corro senza esagerare, eccola, Federica, che arriva come un leone, velocissima, e ci fa mangiare la polvere. Eh no. Accelero anche’io, ma non la prenderò più. 

Ora il mio compagno di sfida è il vento, che soffia decisamente contro di me. La Pastorova, affiancata dal suo coach, mi supera. Ciao.

Il km 42 è stato un attimo, ora ci sono gli ultimi 8. Passo la Maratona a 2h54’. Tutto bene. Però non sembra di essere in discesa, e poi ci sono due salite non lunghe ma che tagliano le gambe. C’è molto vento, per un po’ piove anche forte, fa freddo. Smette di piovere.

Ho calcolato tutti i gel, esattamente la strategia che suggerisco ai miei clienti: il primo dopo 1 h, gli altri un po’ più vicini (considerata la salita io ne ho ravvicinati più del solito e tenuto lungo in discesa)

Sono stanchissima, ma dai, mancano 6 km, come essere a Botticino, è metà della corsetta solita. Inizio a darmi dei paragoni. Ultimo ristoro al km 45, e al 46 inizio a vacillare. Esausta. 

Mi affianca ancora Monica, mi chiede se ho bisogno di qualcosa, ma ho solo bisogno di arrivare al traguardo. Mi rassicura, mi incita ad andare avanti, mi tranquillizza perché dietro non c’è nessuna.

Ma devo camminare qualche passo. Poi corro, poi ancora. Mancano ormai solo 2 km, mi affianca un uomo e mi dice secco “no, non puoi, mi hai tirato tutta la gara, dai corri!” Mi riprendo, non mi fermo più, 1 km, 750 metri, ultima curva, e vedo l’arco dai…. È lì.

Arrivo quarta donna e seconda italiana, con 3h31’ (4’12’’ al km e 610 m D+). Un minutino in meno e avrei avuto anche il premio IUTA per il crono, ma quegli ultimi 4 km mi sono costati una fatica sempre crescente.

Non faccio in tempo ad arrivare, ad abbracciare Sandro che ha fatto i miracoli per accompagnarmi qui, per essere su a Monte Albano, per sostenermi. Con Federica, Silvia Luna e Ilaria Bergaglio veniamo subito accompagnate all’antidoping. 

Così ora c’è tempo anche di conoscerci, soprattutto con Federica, che magnifica le mie doti di scalatrice e io che la guardo come un’extraterrestre. Loro sono tutte compagne di nazionale ultra.

In premiazione. Non so se sto capendo bene quello che mi dicono. Nell’annunciare il mio nome come Vice Campionessa Italiana sulla 50 km, il presidente dice che sarebbero felici che nel 2024 fossi con loro ai mondiali a difendere i colori azzurri nell’ultra. Pubblicamente così.

A me. 

A quella bambina di Rivoltella, piccola e magra, che aveva la pelle d’oca davanti alla tv quando Mila Azuki veniva convocata dalla nazionale di pallavolo giapponese e sognava. 

Il 25 aprile 2023, a quella bambina di 46 anni viene chiesto se vuole continuare a inseguire questo sogno, fare un altro passo per guadagnare la maglia azzurra.