Senza la testa le gambe non sono niente

Direi che è questo l’insegnamento della settimana appena finita.

Se nella scorsa avevamo messo le basi, ora siamo nel vivo della faccenda e la barca ha iniziato a prendere il largo.
Dopo un bel fartlek di 16 km giovedì, avevo capito che non era quello il lungo a piedi e infatti mi aspettano 2 h di corsa il sabato, con le tanto amate variazioni aerobiche. Questo vuol dire mettersi a fare seriamente i conti con le energie da distribuire tra vita quotidiana, lavoro e allenamento perché il sabato devo essere al lavoro per le 9 e ho una pausa pranzo che non mi consente di correre per 2 ore.

Ok. Partire prima delle 6. Arrivare a casa per le 7:50, 50′ per doccia e colazione. Sistemare tutto la sera prima, in modo da non perdere tempo poi.

Comunque sia, faticoso o meno, con incastri di tempo e organizzazione che chi ha una vita più “convenzionale” non potrebbe capire, io adoro correre presto. Perché? Ecco: percorro due km verso sud, e quando arrivo sulla strada  bassa che porta a S. Eufemia tra gli alberi si staglia la luna dietro un fazzoletto trasparente di nuvole. Scatto una foto veloce, che non rende, ma che immortala la bellezza sublime di questi momenti.

E qui è finito il riscaldamento, inizia su Radio2 la trasmissione delle 6 (Ovunque6 Morning Show) e iniziano gli allunghi e poi le variazioni.

Mi piace la città il sabato mattina prima che la gente si metta in moto, e mi piace un sacco quando poi, finito tutto, prendo l’auto per andare al lavoro: il sole alto, la vita iniziata per tutti, con il solito tran tran. Inizia la vita nella società, dopo che ho avuto un’intensa porzione di vita, diciamo, intima, solo per me. E’ una sensazione che ripaga tutti gli sforzi e gli incastri che quotidianamente faccio per dare spazio a questa porzione di vita. Riaccendo la radio, ora c’è Black Out, e me la rido.

In ogni caso tra ripetute, riposi, e un giro fatto per non rifare mai lo stesso tratto di strada (una delle mie fisse), le mie scarpe collezionano 28,3 km in due ore esatte, con una bella media di 4’16”. Non così lenta, questa preparazione, rispetto a quella della maratona “secca”. Tengo a freno la mia voglia di iscrivermi ad una maratona.

Lo zaino mi guarda minaccioso. In pausa pranzo ho piscina…. La maledizione del triatleta è che non è mai finita. Facciamo quello che si piò e mi faccio massaggiare dall’acqua ( e dalla muta), che mi sorreggono e porto a casa la mia nuotata finendo con un senso di leggerezza, sto meglio. Diversamente dal solito, oggi però non faccio neanche due vasche in più delle 84 previste e mi fiondo a mangiare senza ritegno. Però ho resistito alla tentazione di saltare il 100 sciolto finale. No! Hai fatto tutto, fai anche gli ultimi 2 minuti che ti costa. eh. Sono sempre convinta che finire sia un atto dovuto alla testa, che se non finisci anche l’ultima briciola di metri hai peccato di debolezza.

Domenica.

Domenica sono 5 ore di bici fatte con la testa che fa girare le gambe. Ma sono anche i miei amici che stanno davanti e io che cerco di stare a ruota, almeno per i primi 30 km.

Parto alle 8 da casa, vado ai piedi della Madda facendo il giro largo, lo stesso fatto ieri di corsa. Mi trovo con il Pez, Laura e Michele, nuova amicizia nata su Strava. Il potere dei social. Oggi regna il vento, impietoso e maledetto contrario fino a Salò. Poi saliamo le Coste da Gavardo, e a tutta in discesa verso Nave. Poi Concesio, dove salutiamo Pez e Laura,

 

 

 

 

 

 

Michele e io risaliamo la forcella della Stella, scendiamo a Gussago e torniamo a Brescia. Passiamo per il castello, dai. Michele mi accompagna a Rezzato e ci salutiamo. Finisco il mio giro, contenta di non aver mollato quando sono rimasta da sola, quando ho pensato che gli altri probabilmente erano già a tavola. Quando fermo il Garmin mi dice 137 km e 1200 m di dislivello. E’ stato un bel giro, abbiamo pedalato a testa bassa ma anche riso, scambiato chiacchiere e battute. E abbiamo appena iniziato la stagione!