Motorhead – Eldorado di Grimsel

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Avevo iniziato a guardare questa via alla fine dell’estate scorsa, la famosa via dei fratelli Remy all’Eldorado di Grimsel, in Svizzera: famoso per il suo granito colorato e lisciato dal ghiacciaio, una bellissima linea che si snoda per 500 metri lungo placche e soprattutto fessure.
Non mi piace programmare e darmi obiettivi per la stagione, alla fine ogni anno è a sè, con le sue sorprese, cambiamenti, mi è capitato di non fare nulla di quel che volevo e di fare cose che non mi sarei nemmeno sognata. Ma questa via mi fa innamorare, la voglio salire.

Non conosco molte persone che come me amino il granito e con cui mi trovi bene a scalare. Ci penso, neanche tanto: Gigi è la persona giusta. Uno di quegli amici che magari non senti per un paio di mesi, ma che quando ci si sente o ci si trova si scala insieme sempre bene, tranquillo e discreto, scalo bene con lui. Mi decido e un bel giorno di fine giugno gli mando un messaggio per chiedergli se gli interessa e sondare il terreno. Non conosce la via, ma mi dice che si informa, e qualche ora dopo mi risponde entusiasta che gli interessa molto. Ci sentiamo e ci accordiamo per il week end del 2-3 luglio.

Bella questa coincidenza: esattamente un anno fa salivo la prima via su granito, Kundaluna. Una (2 veramente…) via che rappresenta tanto per me, mi piace che ci sia questo anniversario.
Alla fine decidiamo di partire prestissimo e salire la via sabato, poi di decidere con calma che far domenica, anche se nessuno dei 2 ha tempo per informarsi più di tanto su alternative e possibilità.
All’ultimo anche Andrea decide di venire con noi: il suo ginocchio ancora non a posto lo obbliga a rinunciare ad una bella e lunga uscita, verrà con noi e farà un giro in valle.

Ci si trova alle 4 dal Gigi, ci aspettano 3 ore e mezza di strada e quando arriviamo all’Hospitz dove parcheggiamo fa veramente freddo! E Gigi che era ossessionato dalla paura di avere troppo caldo….
Partiamo, un’ora e mezza di cammino su saliscendi lungo il lago, poi alzo la testa ed esclamo: ah… ecco l’Eldorado! In poco siamo all’attacco, dove un’altra cordata si sta preparando, una è già in parete e una arriva poco dopo di noi. La via è davvero frequentata, del resto è la più accessibile della parete.

Primo tiro IV+: vado, ma poco dopo il primo spit un passo di aderenza spietata mi fa capire che non siamo in val di Mello… ci provo un po’ da tutte le parti ma non riesco a fidarmi: questo granito così estetico è assolutamente lisciato, e quando ci metto mani e piedi mi trovo spaesata. Lascio il comando della cordata al Gigi, io scalo da seconda godendomi la via come una gita, farò 2 tiri più avanti.
Lui sale veloce con l’eleganza e la sicurezza che gli ho già visto, sembra che abbia sempre scalato qui.
Da seconda le cose sono diverse…. sono veloce e decisa, e le cose vanno bene.

Il secondo tiro riserva una sopresa con un passo obbligato di pura aderenza di VI per arrivare a un buco piatto: abbiamo visto le cordate precedenti fermarsi a indugiare qui, e per noi è lo stesso.
Poi iniziano 3 tiri lungo una fessura diedro fantastica, da sogno: quello delle foto che si vedono in giro di questa via.
Mentre Gigi sale vedo riflessa nella parete del diedro una manica del suo pile: assurdo, mai vista una cosa del genere. Il trucco è scalare in dulfer alzando tantissimo i piedi per creare un angolo che non permetta di scivolare.

Dopo questi 3 tiri, salgo io un tiro di V molto divertente, poi torna Gigi per la fessura successiva, molto simile come scalata a quella di Luna, divertentissima: scalo incrociando le mani, un passo dopo l’altro con sicurezza. Poi quello che è il passo chiave, un muretto verticale dove bisogna spostarsi molto a destra sopra la sosta (VII-): per noi abituati al calcare non c’è nessun problema: è solo un po’ fisico.
Si continua a salire, io chiacchiero in sosta con dei ragazzi svalvolati di Friburgo in francese, sono simpatici.

Poi arriva il tiro più psicologico della via: semplicemente V+. Ma è una cosa assurda: una placca inclinata non più di 45 gradi, ma è la cosa più liscia che abbia mai visto, lucida al punto che cerchiamo di mettere i piedi sui licheni perchè sono più rugosi della roccia pulita, in Adamello o in valle questo sarebbe un suicidio! Piano piano, con circospezione, anche questo tiro passa. Poi quello più impegnativo per noi, un altro diedro con fessura piccola piccola, le mani di Gigi faticano ad entrare (per me invece non c’è problema, almeno un vantaggio dell’essere minuta!)

La via finisce, un vento freddo spazza la cima e scendiamo subito per un sentiero ostico e pieno di fango nella parte bassa. Andrea ha fatto un giro nella bella valle e ci aspetta, torniamo insieme all’Hospitz. Io e Gigi abbiamo diviso una barretta in 2, guardandolo vedo il mio riflesso: una faccia contenta ma stanca, ci trasciniamo letteralmente verso la diga, gli ultimi gradini per salire al parcheggio (5-6 serie di scale!!) non finiscono mai.

Incontriamo 2 coppie di bergamaschi che conosco, loro hanno montato la tenda vicino alla macchina e noi decidiamo di fare lo stesso, ma prima urge la cena! (loro stoici cucinano col fornellino nonostante il frreddo). Cena tipicamente svizzera, montaggio tenda e cadiamo nel sonno.

La mattina dopo è una giornata splendida, decidiamo di andare verso il Furkapass e salire una via tutti e 3 di cui ci hanno dato la relazione la sera prima dei milanesi incontrati alle soste. Un’ora di avvicinamento in un ambiente stupendo, ma non troviamo l’attacco. Giriamo avanti e indietro, le indicazioni sembrano chiare… solo al rifugio delle guide di Andermatt sfogliando la guida capiamo che erano molto ingannevoli. Fa niente, siamo svuotati e soddisfatti della giornata prima, Gigi è contento del suo piatto di pasta, io e Andrea del nostro wurst e dell’ambiente circostante.

Un grazie enorme al Gigi, per avermi accopagnato su questo sogno, e complimenti sinceri.