Valle del Sarca, mix tra Hasta Siempre e Impero dei Sensi

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Impero del comandante, o hasta siempre sensi, potrebbe essere il nome di questa combinata nata per sbaglio.
Se siete placchisti da spalmo è consigliatissima, altrimenti lasciate perdere e andate altrove. Io dovrei andare altrove.

Col carissimo amico Carlo riusciamo a trovarci in settimana per una via ad Arco, che dista a metà strada tra Venezia e Rovato. La cordata lombardo-veneta fa sempre fatica a mettersi insieme e questo è il posto migliore.
Dall’anno scorso parliamo di Hasta Siempre Comandante e oggi pare il giorno deputato per la salita.
Partiamo in stile leggero senza zaini, io in zona ero già stata ma non ricordavo tutti questi bolli rossi… mi sembra anche di salire tanto, vabbè gli dico guarda la relazione. Lui “eh no, ho messo solo lo schizzo della via, l’attacco non ci stava, vabbè ma tanto dai ad Arco…” eh, ad Arco cosa….
Troviamo un attacco a spit e decidiamo che è quello giusto, sopra sembra esserci un diedro.
Faccio finta di partire, ma dopo smadonnamenti per arrivare al primo spit lascio il gioco a Carlo che è un po’ più alto di me. A Filippi saranno fischiate le orecchie…..
Parte lui, passa e unisce 2 tiri ignorando il cordone di sosta e stupendosi che per un tiro servano 20 rinvii. In sosta mi chiede di vedere la relazione. Io?? no no ce l’hai tu! Io?…. rapido ragionamento, stile 2 carabinier, per concludere che La relazione è rimasta per terra alla base. Ah bon dai, tanto a via se a spit!! Non viene contemplato che le vie sono 2 e che per giunta si incrociano. Dettagli.

Proseguo io e arrivo in cengia. Mi manca un tiro all’appello….. oltre ai 2 uniti prima. A Carlo vengono i primi dubbi di essere su Impero dei Sensi e di essere partiti dal secondo tiro.

Riparto ancora io dopo la cengia, sarà l’unico tiro sotto il 6 di questa via. Così il diedro di svasi, tiro chiave di Hasta Siempre tocca al veneziano. hehe. In realtà non risulterà affatto essere il tiro più duro della nostra via.
Il diedro è bellissimo e scalabile, molto divertente. Il passo duro è uno, aderenza spietata, circa a metà. Rivado io, bellissimo tiro continuo sul 6b, bello verticale e scalabile. Siamo alla seconda cengia e prosegue Carlo, che in sosta mi dice: guarda quegli spit a sinistra. Li guardo. Io non ricordo in che modo le vie si incrociavano, ma visto che io arrampico da 3 anni e lui da 12 mi affido all’esperienza del più “anziano”.
Mi chiede se voglio partire visto che ho le corde giuste, ma che cavolo mica sono donna di fatica e a lui lascio solo le cengie!! no no, vai vai!!!
Sto tiro dovrebbe essere un bel 6a, poi dovrebbero seguire tiri facili e rapidi. Continuiamo a spalleggiarci ricordandoci questo, in realtà sta via non molla mai, ho i polpacci che strillano, i piedi che mi chiedono perchè questa tortura, e gran sete. Parte, bloooccca, tira e va. (ho tralasciato i vari “blocca” della giornata per non prolungare troppo questo penoso racconto).
Parto. Cazzo. Dopo i primi movimenti bellissimi in opposizione, i piedi non so più come usarli, le mani non hanno nulla da stringere… lui ride perchè dice che è abituato in Carniche dove questi tiri sarebbero massimo VI. Sborone. Arrivo al termine di questo che poi scopriremo essere 6b+ e mi infilo per il camino dopo. Alla sosta c’è il libro di via ma Carlo non lo vuole aprire, ora vuole la suspence fino a quando saremo giù. Comunque mi ricorda che i libri di via sono spesso al termine della parte impegnativa. Spesso. Non sempre.
Bel camino, a fatica passo su (un “blocca” c’è stato). Poi placca, non so che fare. traverso e mi alzo e non arrivo al rinvio. Di nuovo penso a Filippi. Stronzo.
Lascio l’incombenza di finire il tiro a Carlo e già che c’è di arrivare in vetta, visto che dopo 2 spit c’è la sosta. Mi recupera alla sosta vera e va su, altro muro di aderenza spietata, poi belle placchette e siamo al termine.

La via termina su un pianoro dove a nord si vede la valle del Sarca, oggi stupenda, e alle nostre spalle abbiamo l’incombente monte Casale. Noi, che abbiamo salito 400 metri di avancorpo, non siamo nemmeno a metà di quella che sarebbe l’intera parete. Mette quell’ansia che è insieme timore e desiderio che tutti gli alpinisti conoscono.

Ci avviamo rapidamente per la ferrata Che Guevara che in 45 minuti ci riporta alla cava, quindi all’auto. Al bar delle Placche mettiamo insieme l’itinerario, ci viene solo da ridere… a ripensare agli smadonnamenti (più miei che suoi), ai mezzi impiegati per rinviare: Carlo è architetto, a un certo punto ha messo insieme una staffa con 2 fettucce e gradini di altezza progettata al centimetro, solo che se l’è portata via e non ho potuto usufruirne… eh, dopo come faccio se no go mia e fetuce?

Che cordata… beh, ci siamo divertiti, abbiamo fatto fatica, forse io ho anche imparato qualcosa sullo spalmo. QUindi giornata positiva!